Tsunami alle Maldive: storia e conseguenze del disastro del 2004

Lo tsunami verificatosi nell’Oceano Indiano il 26 dicembre 2004 è stato uno dei cataclismi più disastrosi degli ultimi secoli. Forse non tutti sanno che anche le Maldive vennero profondamente danneggiate dal maremoto e che diverse persone persero la vita durante quelle tragiche ore.
In questo articolo scopriamo la dinamica dell’avvenimento e le conseguenze che ebbe sull’arcipelago maldiviano.
Cos’è uno tsunami
Tsunami, “maremoto” in giapponese, è un termine rimasto sconosciuto ai più fino al dicembre 2004, momento a partire dal quale la maggior parte della popolazione ne ha tristemente appreso il significato.
La parola viene usata per indicare una catastrofe naturale causata da un terremoto, con conseguenti onde anomale che si infrangono sulle coste dei paesi limitrofi all’epicentro.
Nonostante i maremoti siano eventi tutto sommato frequenti nell’Oceano Indiano, quello del 2004 ebbe ripercussioni terribili portando alla morte di oltre 200 000 persone tra locali e turisti.
Dinamica dello tsunami del 2004
La mattina del 26 dicembre 2004 un terremoto di magnitudo 9 si scatenò a circa 160 km al largo dell’isola di Sumatra, a una profondità di 30km sotto il livello del mare. La scossa venne percepita chiaramente in tutto il sud est asiatico, dall’Indonesia, alla Thailandia, all’India, alla Malaysia e alle Maldive, oltre che dalla costa orientale africana all’altezza di Somalia e Kenya.
Il fenomeno sismico iniziale, durato 8 interminabili minuti, fu di una potenza tale da generare onde anomale alte circa 15 metri e con un picco massimo di ben 51 metri registrati in Indonesia, che si scagliarono a una velocità di 800km/h sui litorali del sud est asiatico. Le onde impiegarono circa tre ore per giungere dall’epicentro alle zone colpite.
Questo terremoto è passato alla storia come uno dei più potenti dell’epoca moderna, secondo soltanto al terremoto del Cile del 1960 e a quello verificatosi in Alaska nel 1964.
L’evento ebbe luogo in maniera totalmente imprevista, non lasciando il tempo necessario agli esperti di allertare ed evacuare le zone interessate. La mattina del 26 dicembre 2004, alle ore 7:58 locali, la regione del sud est asiatico venne investita da questo cataclisma di dimensioni bibliche, che vide le acque del litorale dapprima ritirarsi in maniera anomala verso il largo, per poi scagliarsi a tutta velocità contro la costa, travolgendo ignari spettatori, abitazioni e vetture.
Il disastro fu tanto terribile da avere una risonanza mediatica globale, lasciando un segno indelebile nella mente delle persone e riempiendo una triste pagina della storia moderna del nostro pianeta.
Oltre a un ingente numero di vittime locali, vennero travolti anche migliaia di turisti internazionali che soggiornavano ai tropici in occasione delle vacanze natalizie. In totale si contarono 230 000 morti, di cui un terzo bambini. Diverse migliaia furono i dispersi e circa 5 milioni gli sfollati rimasti senza abitazione.
Si stima che allertando la popolazione ed esortandola a spostarsi di appena 500 metri verso l’interno, o sugli edifici più alti delle località costiere, la strage si sarebbe potuta evitare. Purtroppo nessun esperto dell’epoca fu in grado di intercettare il terremoto iniziale.
Nonostante la loro distanza dall’epicentro, anche le Maldive vennero colpite in maniera considerevole dallo tsunami, provocando ingenti danni e 82 morti.
Conseguenze dello tsunami alle Maldive
Delle 1192 isole maldiviane, soltanto 9 non vennero colpite dalle onde anomale provocate dallo tsunami. Sebbene il cataclisma non si abbatté sull’arcipelago con la stessa violenza riservata ad altre aree del sud est asiatico, le conseguenze furono comunque disastrose facendo arretrare di vent’anni lo stato di sviluppo della nazione e catapultando gran parte della popolazione in uno stato di povertà.
A causa della bassissima altitudine a cui si trovano le Maldive, tutto l’arcipelago venne investito dalle onde anomale, comportando l’allagamento e il danneggiamento di numerose strutture, compresi alcuni dei più grandi resort.
Ben due terzi della capitale Malé (di cui abbiamo parlato qui) si allagarono nelle ore successive all’impatto delle onde, e 82 persone persero la vita (due delle quali turisti britannici) mentre 40 vennero giudicate disperse. Al momento dell’impatto erano oltre 17 000 i turisti stranieri presenti sugli atolli maldiviani per le vacanze natalizie, la maggior parte dei quali poterono fare ritorno in patria incolumi dopo la riapertura dell’aeroporto, dichiarato inizialmente inagibile a causa delle condizioni atmosferiche avverse e per i danni subiti.
Tutta la popolazione maldiviana soffrì a causa dell’avvenimento: si stima che il 10% rimase senza abitazione e fu necessaria la proclamazione dello stato di emergenza nazionale. Tredici isole vennero totalmente evacuate, mentre circa un centinaio rimasero senza collegamenti telefonici, acqua corrente ed elettricità. Le isole a soffrire le peggiori conseguenze furono Kolhufushi e Kandolhudhoo, con allagamenti catastrofici, case distrutte e abitanti spazzati via dalla corrente.
Gli esperti hanno in un secondo momento dichiarato che l’impatto venne fortunatamente mitigato dalla presenza della barriera corallina attorno agli atolli, che assorbì la forza delle onde facendole schiantare sulla terra ferma a una velocità molto più ridotta rispetto alle nazioni (come lo Sri Lanka, distante circa gli stessi km dall’epicentro) che non disponevano di questa protezione naturale.
Il danno complessivo causato dallo tsunami fu di approssimativamente 460 milioni di dollari, mentre per le opere di ricostruzione la spesa stimata fu di oltre un miliardo, ovvero la cifra più alta di tutti i paesi colpiti dal maremoto.
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